Partita la campagna per la corsa alla leadership del centrosinistra: favorito il segretario del PD, ma il sindaco di Firenza incalza e attenzione agli outsider, a cominciare da Nichi Vendola
Se qualcuno nutriva ancora qualche sospetto che le primarie del centrosinistra si potessero in qualche modo evitare, alla fine ha dovuto ricredersi. Fino ad un anno fa, il principale sponsor della competizione che avrebbe dovuto consacrare il candidato premier della coalizione progressista (all’epoca imperniata sulla cosiddetta “foto di Vasto”: PD, SEL e Italia dei Valori) era Nichi Vendola: il governatore della Puglia e leader del partito “Sinistra, ecologia e libertà” contava di sfruttare l’onda lunga di popolarità che lo aveva investito nel 2010, quando in pochi mesi sconfisse il candidato del PD alle primarie per la candidatura a presidente di Regione e poi si confermò alle elezioni contro il candidato del PDL. L’onda ha prodotto i suoi effetti fino al 2011, quando SEL riuscì a imporre, proprio grazie alle primarie, i suoi candidati a sindaco in città come Milano, Genova e Cagliari: candidati che poi vinsero, a volte contro ogni pronostico.
Poi però qualcosa è cambiato: via Berlusconi, dentro Monti, con il PD che – nonostante qualche mal di pancia – sostiene compatto il governo dei tecnici. L’alleanza di Vasto comincia a scricchiolare, infine si rompe: il PD scarica Di Pietro, che da mesi criticava senza sconti non solo il governo Monti ma anche il Presidente della Repubblica, oltre agli stessi democratici; democratici che intanto si avvicinano all’UDC di Casini, rendendo palesi le loro intenzioni di un futuro governo targato PD ma sostenuto a sinistra da SEL e al centro dall’UDC. Salvo che né Casini né Vendola trovano affatto allettante questa prospettiva. Il segretario dei democratici, Pierluigi Bersani, ne aveva già tanti di grattacapi, con il suo partito spaccato tra chi sostiene entusiasticamente le ricette del governo Monti e chi invoca una chiara svolta di tipo socialdemocratico, abbandonando la politica del rigore “fortemente consigliata” dalle istituzioni europee. Una possibile via d’uscita da questa complessa situazione sembrava essere una nuova legge elettorale, che non imbrigliasse i partiti in coalizioni preconfezionate: ciascuno per sé (Bersani per il PD, Vendola per SEL, Casini per l’UDC e così via), poi si sarebbe trovata una maggioranza in Parlamento dopo le elezioni, quando tutti sarebbero stati meno “schizzinosi”.
Ma ancora una volta si sparigliano le carte: da una parte con l’exploit inaspettato del Movimento 5 Stelle guidato dal comico e blogger Beppe Grillo alle elezioni amministrative del 2012, con cui il quadro politico si frammenta ulteriormente (e diventa quindi improponibile qualsiasi riforma elettorale in senso proporzionale); dall’altra con il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, teorico della “rottamazione” della vecchia classe politica (a cominciare da quella del suo stesso partito, il PD), che rompe gli indugi e “scende in camper” sfidando Bersani alle primarie per la candidatura a candidato premier del centrosinistra. Primarie di coalizione, si dice: oltre ai due big del PD, in campo resta Vendola, ora molto meno incerto, e si candida anche Bruno Tabacci, assessore della nuova giunta milanese di centrosinistra ed esponente di un piccolo partito centrista, l’API, rimasto orfano del progetto tramontato del Terzo Polo. Ma ancora non è chiaro con quale legge elettorale si voterà: consentirà alleanze tra partiti prima delle elezioni, o ciascuno dovrà correre per sé? Perché in questo caso chi volesse competere alle primarie non potrebbe far parte di un partito diverso dal PD. Anche questo turba i progetti di Vendola, contro cui si schierano anche alcuni esponenti democratici “montiani” secondo cui il leader di SEL dovrebbe prima impegnarsi a sottoscrivere la carta d’intenti del PD per candidarsi…per non parlare delle proposte che circolano, cioè quelle di cambiare il regolamento delle primarie: intanto, prevedendo un doppio turno, poiché con tanti candidati in lizza (e se ne sono aggiunti altri, dopo quella di Renzi: Laura Puppato e Sandro Gozi del PD, Valdo Spini dei socialisti) si rischierebbe che il vincitore non arrivi al 50% dei voti, e quindi che la sia legittimità sia minata. Ma soprattutto prevedendo dei “filtri” come la registrazione preventiva in un registro degli elettori: e ciò per evitare il rischio che il voto risulti “inquinato” da elettori che non si riconoscono nel centrosinitra. La proposta ha fatto infuriare lo staff di Renzi, il quale non ha mai fatto mistero di contare anche sull’appoggio degli elettori di centrodestra delusi dal PDL e in cerca di un’alternativa.
Mentre scriviamo, la situazione è ancora in evoluzione: Renzi continua il suo tour in camper nelle varie città, Bersani non ha ancora detto l’ultima parola sul regolamento delle primarie, i candidati “outsider” (Puppato e Gozi) potrebbero ritirare la candidatura o fare fronte comune, lo stesso Vendola non ha confermato al cento per cento la sua partecipazione. Le forze politiche di centro e di destra sono in attesa degli eventi, comprendendo di non essere decisive in questo momento. Ecco perché il mese di ottobre sarà fondamentale per il futuro del centrosinistra ma soprattutto per le prospettive del Paese.