Ha suscitato un (comprensibile) vespaio di polemiche l’uscita di Sergio Marchionne – ad della Fiat – durante la trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa”, registrato ieri pomeriggio ed andato in onde poche ore dopo su Raitre. La frase incriminata è stata la seguente: “La Fiat potrebbe fare di più se tagliasse l’Italia. Nemmeno un euro dei due miliardi di utile operativo 2010 viene dall’Italia”. Nel corso dell’intervista Marchionne ha poi difeso le posizioni prese nei confronti degli stabilimenti di Melfi (“si era creata una situazione di anarchia”) e Pomigliano, attaccando i sindacati, responsabili a suo dire di quelle “anomalie che vanno a impattare sulla produttività del sistema” e non rappresentativi dei lavoratori Fiat (“solo il 12% dei nostri operai è iscritto alla Fiom-Cgil”).
Non potevano mancare le reazioni, scattate prima ancora della messa in onda dell’intervista; piovono critiche dai sindacati: Airaudo della Fiom dice che Marchionne parla come se fosse a capo di “una multinazionale straniera”, Palombella della Uilm consiglia all’ad Fiat di essere più rispettoso dei sindacati e dei lavoratori italiani. Anche la politica si fa sentire, sia con il ministro Sacconi (che non ha gradito le critiche al sistema Italia come poco produttivo e inefficiente), sia con l’opposizione: “Più che minacciare di tagliare l’Italia – ha detto il responsabile PD per l’economia Stefano Fassina – Marchionne dovrebbe valutare se la Fiat negli anni passati in Italia ha fatto gli investimenti giusti; è un caso che la Fiat fa profitti soltanto negli stabilimenti dei paesi dove il costo del lavoro è una frazione di quello italiano?”. La lunga questione-Fiat, quasi un paradigma della situazione industriale italiana, è insomma destinata a rimanere irrisolta ancora per un bel po’.